domenica 11 novembre 2007

ILVANO

Ilvano era un mio amico.
Veniva a Castiglione d’Estate, affittava una bottega dove dipingeva ed esponeva i suoi quadri.
Io passavo le ore ad osservarlo mentre dipingeva, mi incuriosiva vedere come da una tela bianca iniziava a prendere forma il paesaggio che Ilvano aveva nella testa, passava sempre una mano di bianco sulla tela prima di iniziare a dipingervi qualche cosa, poi bisognava aspettare che la tela asciugasse, nel frattempo prendeva una tela già pronta ed iniziava a stendere i colori, quasi sempre verde e terra di Siena, perché la maggior parte delle volte dipingeva Siena vista dalla campagna.
Io stavo zitto e guardavo, qualche volta non ce la facevo a trattenermi e gli facevo mille domande, spesso rispondeva calmo, qualche volta gli facevo perdere la pazienza e mi diceva: “Ovvia cittino ci so’ i tuoi amici che ti aspettano per giocare, vai !”. Si accendeva una sigaretta e metteva musica lirica ad altissimo volume. Io toglievo il disturbo immediatamente, lui era sempre molto gentile con me e mi raccontava tante storie di Siena e della Contrada e non avrei mai voluto contraddirlo per non perdere l’opportunità di ascoltarlo ancora. Inutile ribadire che Ilvano era della Torre ed era anche una persona famosa a Siena perché d’inverno vendeva le frittelle in Piazza del Campo. Ma quando arrivava l’estate, puntuali ci ritrovavamo a coltivare questa amicizia tra me che ero un cittino e lui che poteva essere mio nonno. Un’amicizia che consisteva nel fatto che mentre lui dipingeva mi raccontava delle storie, io lo guardavo e ascoltandolo imparavo sempre qualche cosa, prendeva forma dentro di me l’immagine di Siena e si rinsaldava l’amore per questa “strana famiglia” che era la Torre. Quando ero fortunato, invece di dipingere i soliti panorami di Siena dalla campagna, Ilvano dipingeva i cavalli alla mossa e quelle erano le volte che le storie sulle contrade diventavano ancora più appassionanti, nelle sue parole prendevano vita episodi epici come la “rigirata”, che per le mie orecchie suonavano come i racconti dell’Iliade o dell’Odissea. Ilvano amava immensamente la Torre ed aveva un grandissimo rispetto per l’Oca. Pranzava e cenava da Iris, il miglior ristorante di Castiglione, dove aveva trovato Amici Veri: il marito di Iris Primo, appassionato di cavalli e “vero buttero maremmano”, il figlio Assunto che ha sposato Luana, senese di Fontebranda e ocaiola purosangue; il ristorante Iris è tuttora un “covo di ocaioli” dove si possono trovare a cena contradaioli o dirigenti di Fontebranda sotto le bandiere ed i simboli dell’Infamona (ma questa è un’altra storia e la racconterò un’altra volta quando parlerò della mia amicizia con Assunto); inutile dire che Ilvano era rispettatissimo ed amatissimo da questi suoi amici dell’Oca pur mantenendo vivo il confronto e l’accesa rivalità.
L’episodio che vorrei raccontare è legato al Palio del 2 luglio 1984. Il comune di Siena aveva deciso di dedicare quel drappellone a Simone Martini ed aveva indetto un concorso tra i pittori senesi a cui aveva partecipato Ilvano. L’incarico fu affidato a Vita di Benedetto, anche lei della Torre, prima donna a dipingere un cencio, cosa che lei fece realizzando un’opera piena d’oro in linea con lo stile di Simone Martini. Il Bianchi ci rimase male per non aver avuto l’opportunità di dipingere il Palio, cosa che per lui sarebbe stato il più grande onore che sarebbe potuto capitargli nella vita, me ne parlava con rimpianto mostrandomi il suo bozzetto, di cui era geloso nella speranza di poterlo riproporre in futuro, ma disse che bisognava essere fieri del fatto che una donna della Torre sarebbe stata la prima a dipingere il cencio, comunque una di noi !!! Arrivò finalmente il 29 giugno ed alla Torre fu assegnato Brandano, mentre all’Oca toccò in sorte Bayardo; ci presentammo al canape noi con Rino e loro col solito Aceto; inutile ricordare che vinse l’Oca, per me fu anche la prima purga perché la loro vittoria del ’77 non la ricordavo in quanto all’epoca avevo solo sei anni. A Palio corso, Ilvano mi confidò che, tutto sommato, era contento di non aver dipinto quel cencio lì, almeno non aveva avuto il dispiacere di vederlo attaccato in Fontebranda; mi precisò poi che sperava che presto avrebbe avuto l’opportunità di dipingerne uno anche lui e quella volta, era sicuro, che l’avrebbe vinto la Torre e mentre lo diceva gli brillavano gli occhi ed una lacrima scendeva veloce sulla guancia come se fosse entrata improvvisamente di rincorsa !

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Leggere i tuoi racconti è un piccolo passatempo che mi mette gioia nel cuore.
Perché parli della Torre ... ed è proprio lì che sono finito pure io, come te non per scelta mia, ma per scelta del destino.

Anonimo ha detto...

Ciao!
Volevo ringraziare di cuore l'autore del racconto su Ilvano: sono la nipote del pittore torraiolo (non sto scherzando!), ma purtroppo non ho avuto il piacere di conoscerlo, poiché lui se n'è andato prima che io venissi alla luce.
Posso dire di conoscerlo solo attraverso tutti i bei quadri che ci ha lasciato, perciò mi ha fatto veramente piacere scoprire qualcosa di più su di lui da una fonte che non fosse "di famiglia".
Grazie ancora,
AB

Berio ha detto...

Carissima AB, ricordo Ilva no sempre con affetto e nostalgia... ho i suoi quadri in casa e due in camera da letto: la Mossa con la Torre che scappa prima è l'ultima immagine che vedo ogni sera prima di addormentarmi e la prima ogni mattina quando mi sveglio... Mi farebbe piacere conoscerti di persona per raccontarti altri piccoli aneddoti su tuo nonno al quale voglio ancora tanto bene.